Fantastic 4 – I Fantastici Quattro, la recensione

Il giovane Reed è un diverso. Diverso perché troppo intelligente e con sogni troppo grandi perché chiunque possa comprenderli e incoraggiarlo. Nonostante lo scherno dei compagni di scuola, degli insegnanti e persino dei genitori, però, Reed non si arrende e, insieme alla sua fidata spalla Ben, costruisce un teletrasportatore squalificato dalla competizione scientifica della scuola ma destinato a incuriosire il dottor Franklyn Storm, che offre al ragazzo prodigio una prestigiosa borsa di studio.

Reed è sempre più vicino al lavoro che ha sempre sognato di svolgere: un lavoro che “faccia la differenza”. Forse alla ricerca di un po’ di notorietà, come suggerisce cinicamente la collega Sue, o forse soltanto destinato a qualcosa di grande, Reed perfeziona il suo lavoro aiutato dallo scorbutico Victor, la malinconica Sue e l’energico Johnny, rendendo finalmente possibile il sogno di ogni uomo di scienza: la scoperta di un pianeta alternativo – il pianeta Zero – in cui teletrasportarsi per andare alla ricerca di nuove risorse utili alla Terra ormai sfinita dallo sfruttamento.

La prima parte del film, come si noterà, è un tentativo non troppo riuscito di penetrare la psicologia dei futuri eroi e antieroi. Resteranno delusi, dunque, gli spettatori alla ricerca di azione ed effetti speciali. La trasformazione dei ragazzi nei “Fantastici Quattro”, infatti, avverrà dopo che ci si sarà chiesti almeno una volta “Ma siamo sicuri di aver beccato il film giusto?” e le scene in cui i supereroi utilizzeranno i loro superpoteri si potranno contare sulle dita di una mano.

La seconda parte del film è persino più deludente della prima perché di essa si raccoglieranno i frutti: l’improvvisata analisi psicologica si rivelerà grossolana, i ritratti dei personaggi sfocati e a tratti incoerenti.

Il plot prenderà una direzione inaspettata, con uno scambio di antagonisti, che, lungi dal sortire l’effetto colpo di scena, confonderà ulteriormente lo spettatore incapace di comprendere il senso da dare al film.

Trank vuole raccontarci di un gruppo di giovani menti geniali barbaramente sfruttate dal governo ansioso di fare di loro delle armi infallibili? O forse di quattro bravi ragazzi che combattono per salvare il mondo da un pazzo visionario? O ancora di un giovane, Victor, vittima della sfortuna e della sua stessa sensibilità, deluso dalla tracotanza dell’Uomo e contaminato da una sostanza non identificata che lo ha reso crudele e senza scrupoli?

Probabilmente l’obiettivo del regista era quello di mescolare tutti questi elementi creando un prodotto appetibile e complesso. Il risultato, però, non sembra all’altezza delle aspettative: il film, pur lasciandosi seguire abbastanza facilmente, appare privo di una vera identità, incapace di impressionare inchiodando allo schermo uno spettatore preparato a qualcosa di epico, convincente e non contorto e zoppicante.