mi classificai terza.
la ripropongo ora perché non credo sia facile trovare questa shot negli archivi del sito visto che ritenni corretto non postarla -si poteva scaricare il pdf nel tempo della votazione se ricordo bene-
è una One Shot -ovvero ha un solo capitolo, questo- quindi credo che il topic si chiuderà con questa storia...
non credo ci sia altro da dire; per una volta nessun avvertimento strano o paring particolari, sono la personale rivisitazione della fine orripilante del ciclo dell'eredità.
PER L'ULTIMA VOLTA, IO E TE
In silenzio, Eragon e Arya, guardavano la prima -temuta- ansa dell'Edda avvicinarsi; in silenzio, fianco a fianco -un'altra volta; per l'ultima volta-, aspettavano cha arrivasse il momento. Il momento di andare ognuno per la sua strada.
E ogni fruscio, ogni respiro, ogni colpo -leggero- che l'acqua dava -sciaguattante- alle fiancate della nave risuonavano nella notte, forti come lo erano state le grida in battaglia, veri sovrani di quegli ultimi momenti che i due passavano assieme.
Non un fiato lasciava le labbra serrate, non un muscolo allentava la stretta ferrea in cui le mascelle erano costrette, eppure, nei loro cuori -straziati dalla logorante aspettativa- un uragano era in corso, emozioni, parole non dette, sentimenti e rimpianto si agitavano nel loro profondo spingendo gli occhi ad inumidirsi -colmarsi- di quelle lacrime che mai avrebbero versato in presenza dell'altro. Ed erano lì, immagini speculari e inconsapevoli, desiderosi di distruggere quel mondo, quella società, quegli obblighi e quel -dannato- orgoglio che ora troncavano il loro rapporto.
Ma quell'orgoglio che li aveva spinti ad andare ognuno per la sua strada ora impediva loro di mostrarsi deboli, di piangere, e pregare -implorare- l'altro di tornare sulle sue decisioni.
E tanto più le iarde che li separavano da quella dannatissima prima ansa dell'Edda diminuivano tanto più la voragine che si stava aprendo nei loro cuori si allargava, e qualcosa, sempre più potente, si agitava nei loro animi; un desiderio bruciante, un profondo, insaziabile bisogno che premeva per essere esaudito.
E poi arrivò l'ansa, e con essa, l'addio.
Si fissarono e prima che Eragon potesse fare, o dire, alcunché le mani dell'elfa si chiusero sul suo colletto tirandolo in avanti, sbilanciandolo.
Eragon si trovò spettatore di quello che gli stava accadendo e che lui, inesperto, mai avrebbe pensato; mai avrebbe immaginato di sentire quelle labbra tanto desiderate, ambite, bramate, premere sulle sue.
E fu l'oblio.
E fu labbra contro labbra, mani che accarezzano il collo e scivolano tra i capelli corti e serici della nuca, e mani che si insinuano sotto una camicia, polpastrelli che sfiorano pelle liscia come seta appena sopra il coccige, curiose, calde, insicure, timide.
E fu maestra e allievo, uomo e donna, elfa e umano, cavalieri e ammazzaspettri.
E tutto quello compiuto prima fu privo di significato, vuoto; sterile, mera attesa del compimento.
E fu solo amore, passione e sentimento.
E fu schermaglia, confronto e dialogo.
E anche l'ultimo muro cadde; e per un istante -breve, effimero ma indimenticabile- si capirono e accettarono completamente.
E fu gioia, realizzazione e completezza.
E fu dolore straziante e consapevolezza -totale e disarmante- di aver trovato se stessi solo per abbandonarsi.
E infine fu il primordiale bisogno di respirare, e si divesero, e l'incanto finì.
Rimasero a fissarsi, elfa e uomano, per un ultimo istante, imprimendosi a fuoco l'immagine dell'atro, quell'ultimo momento, quell'ultimo sguardo.
In un turbinio di vento Firnen si calò sul ponte della Talìta e portò via con se il suo cavaliere, prese Arya e fece quello che lei mai sarebbe riuscita a fare, volò via, lasciò quella nave e quello che per loro rappresentava al suo destino, e il vento soffiò sotto le sue ali.
***
E fu storia, e pace, e solitudine straziante per molti anni a venire, e il tempo -come è naturale- passò, e il mondo non fu più quello che era, l'ossatura stessa di Alagaesia -l'unione di popoli, regni e razze- si sgretolò e divenne polvere.
E la storia, di Eragon Ammazzaspettri e di Saphira Squamediluce, divenne leggenda, e la leggenda divenne mito, e poi, infine; quando gli uomini soli rimasero in quella terra -aspra, selvaggia e forte- e quando l'ebbero domata, il mito stesso si perse, e divenne finzione.
E fu carta, colla e inchiostro
E fu parola, segno e popolarità.
E fu quello che conosciamo, e il ragazzo e il suo drago non vennero considerati altro che un racconto.
***
Nel regno lambito dal mare,
Sui monti screziati di blu,
D'inverno nacque un uomo
Con un unico scopo e nulla di più
Uccidere il nemico nella terra di Durza,
La dimora delle ombre.
bien, piccola noticina finale, che è d'obbligo o la mia fama di logorroica va a farsi friggere, il mostruoso numero di frasi che cominciano per "E" -cosa grammaticalmente scorretta- è una scelta stilistica, quelle "E" sono volute, ricercate persino.
parlano di una somma di sensazioni e avvenimenti, e ci vanno.

ci risentiremo con uno scritto quando mi verrà voglia di scaricare la "big damn" e darmi alle drabble...
fino ad allora enjoi yourself!!!
