«Forza, ora andiamo. Saphira e Castigo ci stanno aspettando».
Eragon non se lo fece ripetere due volte e aprì la sua mente ancora prima di parlare.
Saphira!?
La chiamò. La risposta della dragonessa arrivò con un leggero ritardo. Quando gli parlò Eragon avvertì che la sua voce era alterata ed echeggiò nella sua mente in un misto di biasimo e preoccupazione.
Perché continui a permettere al re di trattarti così? Tu sei più forte di lui, Eragon. Noi due siamo più forti! Non era solo l’urgenza di comunicare il suo delusione che avvertì il giovane, le sue parole erano piene di rimpianto e lo colpirono come un colpo di frusta. Eragon non rispose subito e Saphira continuò a parlargli con fermezza
Potresti contrastare i suoi attacchi senza tanti sforzi. Hai acquisito la conoscenza e il potere della volta delle anime. È ora che tu lo usi! È un tuo dovere come cavaliere, come il mio dovere è quello di sostenerti…
A quella richiesta Eragon sospirò dolorosamente.
Saphira ne abbiamo parlato tante volte… Si difese Eragon continuando a seguire Murtagh.
Lo so Eragon, ma quando ho sentito il re parlarti in quella maniera…ho sentito una voce dentro di me che gridava vendetta!
Eragon non lo disse ma aveva provato la stessa cosa. Con fatica represse quel sentimento nel profondo del suo animo e cercò di ammansire la sua compagna.
Una volta ottenuta la libertà con la forza, dici tu, che cosa succederebbe? Chiese con calma nel tentativo di fare arrivare da sola alla risposta. Saphira sbuffò e gli mandò una serie di immagini mentali di loro due mentre volavano sopra il deserto e un’altra decina di posti diversi. Eragon lasciò scorrere le immagini davanti a se. Era difficile ignorare il richiami della libertà. Mandando giù il sapore amaro della rinuncia raccolse a se la forza necessaria e chiese solo
E dopo?
Saphira digrigno i denti e schioccò la lingua Dopo saremo di nuovo noi due, insieme. Ribatté pronta. Questa volta nel rispondere Eragon soppesò bene le sue parole: Mi riferisco a dopo aver riabbracciato la nostra libertà.
Non c’è più nessuno rimasto a sostenere la resistenza. Siamo soli Saphira. Il popolo degli elfi e quello dei nani hanno abbandonato queste terre. I Varden sono stati tutti catturati e i suoi alleati smembrati e dispersi.
Anche se doloroso, sotto il controllo del re ho la possibilità di fare qualcosa per coloro che soffrono la schiavitù. Come potrei pensare di lasciarli soli in balia di Galbaotirx e del suo regno del terrore.
In quel momento i due fratelli varcarono l’entrata della sala dove erano i due draghi. Eragon e Saphira si guardarono negli occhi e non ebbero bisogno di altre parole. Entrambi sapevano bene cosa il loro cuori stavano provando.
Non c’è altro modo? Chiese Saphira interrompendo quel momentaneo silenzio.
Se ne conosci uno, sono pronto ad ascoltarlo Saphira. Eragon sentì Saphira tacere per alcuni istanti.
No, per ora non ci sono delle reali alternative. Affermò con uno sbuffo.
Ma devi promettermi che non sarà sempre così. Che quando arriverà il momento alzeremo la testa.
Eragon serrò la mascella. Te lo prometto Saphira. Disse pronunciando il giuramento anche in antica lingua.
Mi biasimi i per essere stata così egoista e aver pensato solo a noi?
Non potrei mai Saphira…
Disse con tutto il cuore, Saphira lo guardò con gratitudine.
Ti voglio bene Piccolo mio.
Anche io Saphira.
Detto questo e imitando il fratello Eragon iniziò a infilare i componenti della sua armatura. Per primo indossò gli schinieri, poi prese la cotta leggera e la infilò facendo in modo che aderisse per bene alle spalle, quindi si aggiustò il giustacuore di cuoio.
Saphira osservò Eragon avvicinarsi a lei e si accucciò a terra, una magnifica sella era già stata posizionata sul suo dorso. Eragon prese un respiro profondo e si preparò a salire. Le squame di Saphira rilucevano alla pallida luce delle torce attaccate alle pareti della sala riflettendo pallidi riflessi zaffiro.
Coraggio Piccolo mio… lo incoraggiò lei e con un piccolo colpo del muso contro il suo braccio lo spinse verso il lato della sella. L’ultima volta che avevano volato era stato più di un anno fa, prima di iniziare l’ultimo combattimento contro Galbatorix e il suo esercito.
Faticosamente Eragon scavalcò i ricordi legati a quell'evento e appoggiò la mano destra sul fianco muscoloso della dragonessa. Saphira lo aiutò spostando i suoi ricordi ai momenti più felici e, infilando infine un piedi dentro la staffa, Eragon si issò sopra il suo dorso.
Accanto a loro anche Murtagh era salito in sella a Castigo. Il volto del fratello era freddo e impassibile mentre aspettava che anche lui fosse pronto.
Dalla porta si poteva intravedere un angolo di cielo azzurro. La libertà.
Castigo fece appena due passi verso l’uscita. La creatura piegò la sua grande testa da una parte e dall’altra e fece scricchiolare le ossa del collo, provocando un basso rumore sordo quindi, con una spinta poderosa deglia ariti posteriori, si lanciò in volo seguito da Saphira. Il drago rubino era di poco più piccolo di Saphira ma la sua massa era lo stesso forte e poderosa.
Impiegarono solo una manciata di minuti ad attraversare la città. Alle sue porte li attendevano Skruikan e un piccolo drappello di soldati imperiali alla testa del quale c'era Lord Barst. Accanto al generale in sella ad altrettanti meravigliosi destrieri erano la moglie del conte, Beatrix, la figlia Emma e Nasuada.
Eragon guardò in basso verso le tre donne e vide come a un ordine muto di Galbatorix si inchinarono al re e diedero a lui e a Murtagh un saluto cerimoniale con un movimento della mano, quindi spronarono i loro cavalli e si dirissero nuovamente verso le mura per tornare all'interno della città.
Nel frattempo il re salì su Skruikan e si alzò anche lui in volo raggiungendo Castigo e Saphira e mettendosi alla testa della squaddra mentre dal basso Barst e i suoi soldati si erano già messi in marcia per seguirli dal basso.
Erano in volo ormai da alcuni minuti. Avevano lasciato alle loro spalle la città di Uru’bean e ora si stavano dirigendo verso nord in aperta campagna.
Eragon guardò di nuovo in basso: il fiume Ramr si snodava sotto di loro come un nastro argentato. Di tanto in tanto il piccolo filamento spariva sotto il folto della boscaglia per riemergere nuovamente a qualche iarda di distanza.
A un certo punto del corso una grande ansa sotto di loro si apriva su una radura. Osservandola Eragon notò dei movimenti nel sottobosco.
Lepri ? domandò Eragon rivolgendosi a Saphira. La dragonessa abbasso la testa e la scrollò.
Troppo grandi. gli rispose con sicurezza.
Cacciatori a due zampe?. suggerì a sua volta. Non molto lontano sorgeva un piccolo villaggio e non sarebbe stato troppo strano trovare dei cacciatori nei paraggi.
Questa volta fu Eragon a scuotere la testa. Si muovono troppo veloci per essere degli esseri umani. Rispose. L’idea che gli era balenata un attimo in testa era talmente assurda che Eragon la rimosse quasi subito. Quando però rivolse ancora una volta lo sguardo alla radura, con suo sommo stupore non riuscì a rilevare più nessuno. Chiuque fosse stato era sparito senza lasciare tracce.
È molto strano Saphira. annunciò a Saphira
Sì…
Eragon stava per porre un’altra domanda alla dragonessa quando sentì che qualcuno lo stava contattando con la mente.
Atterriamo qui. lo avvertì laconico Murtagh. Saphira allungò la testa e, con un colpo di ali più potente dei precedenti, puntò in alto e eseguì un piccola volta per iniziare la discesa.
Abbassando di quota i due compagni notarono stendersi a vista d'occhio una serie di campi coltivati disposti in maniera ordinata. Aguzzando la vista Eragon vide come file e file di uomini e donne che lavoravano quei campi sotto i raggi potenti del sole. Quegli uomini e quelle donne erano tutti schiavi. Pochissimi uomini liberi continuavano a lavorare la terra per conto proprio. Con le lacrime agli occhi Eragon osservò impotente come alcuni di loro avessero alzato il loro volto al cielo per essere subito ripresi dai loro aguzzini che con le fruste avevano iniziato a colpirli per spronarli a tornare al lavoro.
Seguendo la scia di Skruikan e Castigo e Saphira atterrarono in un spazio aperto. Ad attenderli a terra c'era dove una figura ammantata.
La persona avanzò verso di loro, il suo profilo era longilineo e i suoi movimenti fluidi ed eleganti. Eragon la osservò avvicinarsi in un crescente senso di inquietudine. Quando fu abbastanza vicino da poter distinguere i suoi lineamenti Eragon capì perché aveva quella reazione e trasalì: era uno spettro
Eragon udì Castigo e Saphira ringhiare a l'unisono. Saphira tese i muscoli del collo e degli arti, graffiando il terreno sotto di lei con i suoi artigli, e al suo fianco altrettanto fece Castigo. Accanto a lui sentì che anche Murtagh stava imprecando qualcosa sotto i denti.
Il nuovo spettro era in tutto e per tutto simile a Durza. I suoi capelli erano lunghi fino alle spalle, lisci e sottili come fili di seta. Il colore era di un rosso fuoco come i suoi occhi che sembravano tizzoni di bracia ardenti, pronti a incenerire chiunque fosse capitato suo camino. Era molto più potente di Durza e gli spiriti che lo controllavano più irrequieti e arrabbiati.
Lo spettro si profuse in un cerimonioso inchino. Galbatorix non sembrò badare alle reazioni di tutti loro e attese che lo spettro rialzasse la testa per sorridergli. «Varaug.» lo chiamò usando il suo nome.
«... mio fedele servo, hai detto che avevate delle novità per me.»
Ma celando una smorfia di fastidio per l'appellativo, lo spettro rispose «Sì mio signore».
Il re lo invitò con un cenno del capo a continuare il suo racconto.
«Ho seguito le tracce lasciate dall’Elfa Arya, come mi avevate ordinato, .» iniziò a riferire lo spettro. « ... e ho aspettato, paziente, per mesi in attesa di una sua mossa…» nell’udire il nome di Arya gli occhi di Eragon si allargarono per la sorpresa. Con la coda dell’occhio vide Galbatorix che lo osservava e si costrinse a controllare le sue emozioni seppellendole sotto un'espressione impassibile.
Anche lo spettro si fermò un attimo, sorrise con un ghigno, rivelando una fila di denti aguzzi.
«...fino a quando, mio signore, ieri sera si è di nuovo rivelata. Ha aiutato a far fuggire una di loro, una schiava di questo villaggio.» face un segno con la testa alla foresta alle loro spalle e fissò con curiosità Eragon negli occhi per alcuni istanti prima di rivolgersi si nuovo al re.
«Un ottimo lavoro.» lo gratificò Galbatorix.
«Tra non molto ci raggiungerà Lord Barst alla testa di un drappello di soldati. Prendi una parte dei suoi uomini sotto il tuo comando e insieme setacciate la zona. Le voglio tutte e due al mio cospetto entro questa sera»
«Sì maestà.»
«Nel frattempo Murtagh si occuperà di interrogare gli abitanti del villaggio per scoprire cosa è accaduto… » Varaug si picchettò più volte le lunghe unghie contro la punta mento e guardò il re.
«Maestà a questo proposito devo informarvi che gli abitanti del villaggio, si trovano un uno stato, come dire, confusionale… troverà che sarà impossibile avere un dialogo con la maggior parte di loro…»
Galbatorix corrugò la fronte
«Spiegati meglio» chiese con tono di voce ruvida. Lo spettro sembrò inizialmente infastidito, Eragon non avrebbe saputo dire se per la situazione o per la domanda del re, quindi emise una sorta di sbuffo strozzato e con voce irritata disse solo
«….l’elfa deve aver usato qualche sorta di magia per permettere a lei e all'elfa di allontanarsi senza essere fermata…»
La reazione di Galbatorix fu inaspettata. Scoppiò a ridere. Una risata fredda e priva di allegria.
«La tua amica vuole rendere le cose difficili? » chiese rivolgendosi questa volta a Eragon.
Eragon sostenne i suo sguardo «...siete voi che avete reso la vita difficile al popolo degli Elfi …» Bofonchiò sotto i denti
«Hai parlato Eragon?» sibilò il re. Il commento non era passato inosservato alle sue orecchie .
Glio cchi di Galbatoirx lo fulminarono «Sei hai qualcosa da dire. Dilla ad alta voce in modo che tutti noi possiamo sentirla. Avanti…» lo incoraggiò con un ghigno
Eragon non potè sottrarsi. Lanciò prima uno sguardo a Saphira quindi si rivolse nuovamente al Re e corrugando un poco la fronte rispose «Ho solo notato, Maestà, come non siano rimaste poi tante possibilità di scelta per un elfo: o la schiavità o la fuga...»
Galbatorix socchiuse gli occhi fino a farli diventare due fessure e gracchiò aspro «ho dato loro solo quello che si meritavano, Eragon. Gli ho fatti scendere dal loro piedistalli dorati, e portati alla vita reale!
O credi che sia stato ingiusto nei loro confronti? » chiese alzando un sopracciglio.
«...avanti Eragon esprimi liberamente la tua opinione. Siamo tutti qui per ascoltarla...» il tono del re era stato volutamente sarcastico.
Eragon poté sentire le familiari spire della magia che si serravano intorno alla gola. Improvvisamente e senza alcuno preavviso un maglio entrò prepotente dentro la sua testa, conficcandosi in profondità e penetrando all'interno delle pieghe più intime della sua coscienza, per schiacciarla e prenderne il controllo.
Furono forse le parole pronunciate da Saphira, o la visione di quegli schiavi nei campi, Eragon non seppe dirlo con sicurezza, ma in quel momento sentì un bisogno impellente di reagire. Pensare e agire furono un tutt'uno. Guidato dal solo istinto attinse a tutte le sue forze e semplicemente ricacciò il re ai margini della sua mente per poi rimanere in equilibrio perfetto tra lo stato di difesa e quello di attacco. I legami della magia abilmente intessuti intorno alla sua persona, con il fine di tenerlo sotto controllo, stridettero contro la luce emanata dal suo potere. Sarebbe bastato un solo cenno, e quella luce sarebbe esplosa frantumando ogni cosa al suo passaggio. L'ebrezza di quel potere lo fece appena sussultare. Quando riprese a respirare Eragon si accorse di avere i muscoli del corpo tesi fino allo spasimo, le braccia dritte lungo i fianchi e le mani serrate a pugno.
Di fronte a lui anche il re sembrò come riprendersi, barcollò e ci impiegò alcuni istanti a capire cosa fosse successo. Ne Vaurg ne Murtagh osarono dire una parola.
Fu Eragon a parlare per primo. Aveva ottenuto ciò voleva e ora poteva tornare dietro a quelle odiose barriere.
«No, Maestà, non credo che siate stato ingiusto nei confronti degli elfi...» ammise.
Alle sue parole Galbatorix annuì senza mostrare alcuna emozione, ne compiacimento.
Dalla sua posizione, non troppo lontano da dove si trovava il suo cavaliere, Saphira guardò Eragon con orgoglio.
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