Game of Thrones 5×10: Mother’s Mercy, la recensione

Ci siamo. È l’epilogo. Abituati a decimi episodi statici, di raccordo, non eravamo preparati a una tale carneficina. Gli autori ci hanno condotti da un’ambientazione all’altra, per chiudere – o riaprire – ogni storyline.

[su_note note_color=”#fff9a6″ radius=”6″ su-note-inner=”box-spoiler” ]Avvertiamo i lettori che la seguente recensione contiene spoiler sulla trama. Se non hai visto l’episodio o non vuoi rovinarti eventuali colpi di scena non continuare a leggere![/su_note]

Il primo personaggio ad apparire è, ancora una volta, Melisandre. Il ghiaccio si è sciolto, il sacrificio di Shireen ha fatto cessare la tormenta. Stannis Baratheon ha saldato il suo debito con il dio ma ha dimenticato l’uomo.
Metà degli uomini della sua armata hanno abbandonato l’accampamento, sua moglie Selyse non ha retto al dolore e si è impiccata, la sacerdotessa rossa – avendo finalmente riconosciuto una causa persa – si allontana a cavallo.

Il re è solo. L’idea di arrendersi non lo sfiora nemmeno, nonostante sia ormai consapevole di andare incontro alla sconfitta. Ha sacrificato ogni cosa per realizzare il suo destino, per compiere la sua missione. Persino l’amata figlia e, con lei, la stima di sé. La battaglia di Grande Inverno si consuma in un niente. Era questo, dunque, l’arcano disegno del fato: il fallimento, l’umiliazione, il ghigno di Ramsay il bastardo, il Nord ancora prigioniero.

Gioiranno tutti quelli che invocavano i Bolton per punire il “re-marionetta”, schiavo del potere e di una donna avvenente. Gioiranno ancor di più nell’udire la paladina della giustizia Brienne di Tarth pronunciare un’altisonante quanto ridicola condanna a morte. La soldatessa non sembra aver imparato molto dalle esperienze passate se si lascia sfuggire l’unica occasione di salvare un’innocente per correre a compiere la sua giusta vendetta.

La fine di Stannis non ci è mostrata e c’è ancora qualcuno che crede che, in extremis, Brienne lo abbia risparmiato o che qualcuno abbia colpito lei anziché il re. Anche io stessa mi ritrovo a fantasticare su un possibile piano per spodestare i Bolton da realizzare insieme, muovendosi nell’ombra. Eppure abbiamo udito le ultime parole del condannato: “Compi il tuo dovere.” Il dovere. Fino all’ultimo. Ad uscire di scena non è un ambizioso accecato dalla lussuria ma un uomo che ha sacrificato la vita e gli affetti sull’altare della serietà.

Approfittando dell’assenza del marito-mostro, intanto, la sposa prigioniera prende in mano la situazione e, con la chiave che ha rubato, corre alla torre per comunicare con il suo sconosciuto salvatore. Fatica sprecata, Sansa! Brienne è ormai celebre per trovarsi sempre nel posto sbagliato al momento sbagliato. Dovrai tornartene a palazzo con la coda tra le gambe, povera Stark perseguitata dalla sfortuna.

Lungo il cammino, però, incappucciata e timorosa, Sansa si imbatte in Myranda e Reek. La figlia del custode del canile ha finalmente l’occasione di nuocere alla sua rivale in amore e gongola pregustando di torturarla insieme al suo amante perverso. Avviene, però, qualcosa di imprevedibile ma che i fan del fu Theon Greyjoy come me invocavano con tutto il cuore: il ritorno della piovra. Reek decide di rischiare il tutto per tutto, di tentare di riscattarsi abbracciando la causa della Stark indifesa. Spinge Myranda nel vuoto e prende Sansa per mano. Lei, dopo un attimo di esitazione, ricambia la stretta e i due si avviano verso una fuga che speriamo li conduca alla salvezza. Anche se siamo in Game of Thrones e ci tocca esaltarci con cautela.

Game of Thrones 5x10: Mother's Mercy, la recensione

A Braavos Arya si rivela per quella che è: se stessa, una ragazzina immatura ammorbata dalla rabbia repressa. Scoperti i singolari gusti della vittima prescelta, indossa una maschera rubata al tempio e, appena ne ha l’occasione, sfodera la sua violenza omicida. Con accanimento selvaggio tortura e poi finisce Meryn Trant, non prima di averlo umiliato e di avergli urlato, furente, il nome della sua esecutrice.

Tornata a casa, però, è inutile sperare di passarla liscia: Jaqen sa tutto e non è contento della condotta della sua apprendista. In questa stagione Arya è stata mandata a lezioni di umiltà ma si è dimostrata dura di comprendonio: è ancora convinta che la sua giustizia sia la giustizia, di poter decidere chi merita la morte e chi, invece, la vita. La Casa del Bianco e del Nero è lì per insegnarle a mettersi da parte, a sentirsi l’ingranaggio di un meccanismo che va oltre i suoi piccoli rancori e la sua brama di vendetta. Senza occhi per guardare, per discernere, per giudicare, riuscirà ad annullarsi come vuole il suo maestro?

Finalmente l’ultimo atto della penosa storyline di Dorne. Saluti e baci e tutti a casa. Peccato che, tra le effusioni, sia scappato un bacio di Giuda. Come avevamo intuito, Lady Vipera aveva solo finto di accettare il volere di Doran. L’unico cretino che non ci era arrivato, nemmeno a dirlo: Jaime Lannister. Sua figlia gli muore tra le braccia dopo un momento di forte intimità, ammazzata da un’arma subdola e silenziosa: il veleno. Per un attimo ho chiuso gli occhi e finto di non star guardando Game of Thrones. Quando li ho riaperti, sorprendentemente sono riuscita a mandare giù l’ennesimo boccone amaro. Ogni tanto, in controluce, ho intravisto qualcosa del “vero” Jaime: quello dei libri, devo cedere all’irresistibile tentazione di fare confronti, il cinico dal cuore tenero. Mi ha fatto piacere che venisse fuori per l’ennesima volta che, tra lui e Cersei, sia quello che “ama di più” e che qualcuno fosse felice di averlo come padre. In fondo, forse, nei romanzi di Martin un tenero abbraccio non gli capiterà mai di riceverlo!

La fuga romantica di Daenerys, per fortuna, ha un risvolto realistico: il gigantesco destriero non obbedisce ai comandi e l’incauta regina deve fare i conti con la fame e l’arrivo di un’orda di Dothraki, popolo gentile di cui conosciamo le abitudini raffinate.

A Meereen, intanto, gli uomini della regina bisticciano per chi deve correre a cercarla. Hanno la meglio Daario e ser Jorah, i più valorosi e i più devoti. A Tyrion è lasciato il compito più arduo ma anche il più adatto al suo talento: governare una città piena zeppa di intricate problematiche. Per fortuna lo raggiunge un vecchio amico: Varys, l’eunuco, e insieme formano la coppia imbattibile che abbiamo sperimentato in più circostanze. Forse Daenerys è davvero vicina a scoprire il segreto per tenere a bada l’Oriente.

È il momento di occuparsi della scena madre della puntata e dell’intera stagione. Forse l’unica storyline impeccabile e approfondita, o una delle poche, è stata quella che ha avuto Cersei e una Lena Headey da Emmy per protagoniste. La determinazione vince sull’orgoglio: la regina confessa. Nonostante la fame, la sete, le umiliazioni, gli schiaffi in faccia, Cersei è ancora lucida e innalza uno strato di ghiaccio tra sé e il suo carceriere. Non dice la verità: ammette ciò che non può negare, digrigna i denti quando ricorda i suoi accusatori, quelli che hanno messo in giro scomode voci sul suo conto.

Poi il dono: la possibilità di tornare a casa. E infine il prezzo da pagare: il cammino della vergogna. Cersei Lannister è una Leonessa: camminare a testa alta nonostante il disprezzo, le frasi sconce e offensive, gli sputi della folla, le riesce alla perfezione. I piedi che sanguinano, le lacrime che sfuggono al controllo e bagnano il viso, i lunghi capelli dorati recisi, le cadute e la determinazione nel rialzarsi, conferiscono al personaggio una dignità gigantesca, alla quale ogni fan, volente o nolente, si è inchinato.
Perché Cersei si rivela regina proprio quando tentano di abbatterla: nella sua volontà incrollabile, nella sua straordinaria fierezza e forza d’animo.

Il suo calvario non è ancora finito: un processo stabilirà se è colpevole o innocente. Ma una presenza rassicurante la prende tra le braccia: un guerriero gigantesco, annunciato e forse creato in provetta dal mago maestro Qyburn. La sua identità è facilmente intuibile ma preferiamo aspettare la prossima stagione per pronunciarci.

Game of Thrones 5x10: Mother's Mercy, la recensione

Negli ultimi fotogrammi il gelo cala sulla serie e sugli spettatori. Accade qualcosa che i lettori sapevano da tempo ma che non erano pronti a vedere con gli occhi. Jon Snow, eroe della stagione, coraggioso comandante capace di prendere decisioni sagge quanto impopolari, viene crudelmente attirato con l’inganno e poi barbaramente accoltellato. Aveva salutato Sam, si erano dati appuntamento al suo ritorno, ma si sa che agli Stark certe cose portano sfiga. L’ultima immagine dell’episodio e della stagione è quella di una macchia di sangue che si allarga nella neve. Occhi sgranati, viso pallido, dobbiamo rassegnarci all’idea che il nostro Jon, uno di quelli che credevamo intoccabili, sia davvero morto?

Nessuno ha la risposta, se non Martin. Noi possiamo aggrapparci alla speranza che qualcuno faccia qualcosa per rimediare, forse la donna rossa arrivata alla Barriera in tempo per dar prova della sua magia.

Finale di stagione all’insegna del Valar Morghulis. Tanta carne al fuoco, forse troppa.

Molti eventi e personaggi meritavano più tempo, più cura. Le Serpi a Dorne hanno sfiorato il ridicolo, persino Tyrion è apparso alquanto privo di contenuti. La stagione, nel suo complesso, è stata scadente, soprattutto se paragonata alle altre. Eppure, anche nella sua veste peggiore, Game of Thrones conserva il suo immenso potenziale. Trama troppo complessa per esser sviluppata in tutti i suoi punti, personaggi troppo numerosi perché ogni loro psicologia venisse approfondita. Nonostante le innumerevoli difficoltà certamente incontrate e confidando in una prossima stagione che renda giustizia ai personaggi trascurati, possiamo affermare per l’ennesima volta che è stato fatto un ottimo lavoro da autori, scenografi, sceneggiatori e attori.