Minions, la recensione dello spin-off di Cattivissimo Me

Minions è il terzo capitolo della fortunata saga incentrata sul ruolo del “cattivissimo”, anche se rappresenta una sorta di prequel delle avventure di Gru.

L’intuizione alla base è la stessa: porre al centro dell’attenzione gli antagonisti, scalzando dal piedistallo gli ormai noiosissimi “buoni”.

Sì perché diciamocelo: la vita del cattivo è più divertente, la sua mente più affascinante, le sue stranezze più attraenti. Gru e i suoi piccoli assistenti, inoltre, mettono in scena la più amabile delle contraddizioni: sono malvagi dal cuore puro.

Narrando la storia del popolo Minion, presente sul pianeta Terra da molto prima della comparsa dell’Uomo, si va letteralmente alle origini del male.

Un male ingenuo, talmente ingenuo da intenerire e da generare una comicità esilarante che attraversa il film dal primo all’ultimo fotogramma.

I piccoli “mostrini” gialli vedono uscire dalla storia, uno dopo l’altro, tutti i loro perfidi adorati capi: dai dinosauri ai faraoni, da Dracula a Napoleone, e sfilano attraverso le epoche indossando i costumi più improbabili e conservando la loro ambizione al male unita alla loro profonda ingenuità. Quando tutto sembra perduto e la stirpe dei Minion rischia di estinguersi, tre eroi pionieri si lanciano alla ricerca di un nuovo cattivo da servire e si ritrovano in Paradiso: a Orlando, infatti, si tiene l’“Expo Cattivi” dove i cattivi più cattivissimi della Terra si riuniscono. Kevin, Stuart e Bob hanno vasta scelta ma sanno già di voler servire la peggiore sulla piazza: la temibile Scarlett. Conquistato per caso l’onore di far parte del suo seguito, saranno coinvolti in una serie di avventure che li porteranno direttamente tra le braccia del vero cattivissimo cui sono destinati: una nostra vecchia conoscenza, Gru.

Gli autori di Minions non hanno lasciato niente al caso: la lingua dei protagonisti, incomprensibile quanto irresistibile, la voce narrante cui è affidato l’excursus storico iniziale in stile documentario (nella versione italiana quella di Alberto Angela!), le citazioni letterarie e cinematografiche (come la geniale trovata di far estrarre a Bob la leggendaria spada nella roccia) e la colonna sonora che non ci si aspetterebbe in un film di animazione (dai Doors a Jimi Hendrix, passando per Beatles, Who, Kinks, Stones e Donovan con “Mellow Yellow”).

Menzione d’onore va al consolidato duo Fazio – Littizzetto che dà voce ai veri cattivi della storia: Scarlett Sterminator e il suo strambo marito Herb. Seppur contaminati anch’essi dalla comicità (esilaranti i nomignoli attribuiti da Scarlett ai suoi devoti sottoposti) non ci sono dubbi: sono loro i nemici da sconfiggere.

Ritmo incalzante, trama che regge, felici intuizioni (come la scena della partita di calcio a rallentatore tra Minion fiaccati dalla depressione), risate assicurate: questa la formula per un film che funziona e fa uscire dal cinema adulti e ragazzi con il sorriso stampato sul volto.

È mancata, però, l’emozione che era stata la linfa vitale dei capitoli precedenti. Un film tutto di testa, questo, e poco di cuore. Il bello di rendere protagonista un antagonista è la sua conversione, vederlo ascoltare le corde più profonde del proprio cuore. Non abbastanza umani per offrirci un simile commovente spettacolo, i piccoli “pinoli” – come li chiama la loro padrona – restano un giocoso e tenero passatempo ma mancano dello spessore necessario a restare scolpiti nell’animo degli spettatori.