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Game of Thrones 4×03: Breaker of Chains, la recensione

Anche questa settimana ritorna la quarta stagione di Game of Thrones (Il Trono di Spade in Italia), la serie televisiva fantasy creata da David Benioff e D.B. Weiss, trasposizione del ciclo di romanzi de Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco (A song of Ice and Fire) di George R.R. Martin.

Dopo la puntata insipida e quella esaltante, ci voleva la portatrice di polemiche. Benvenuti nella 4×03, intitolata “Breaker of Chains”, “Distruttrice di catene”, e che invece ha spezzato i cuori di innumerevoli fan.

[su_note note_color=”#fff9a6″ radius=”6″ su-note-inner=”box-spoiler” ]Avvertiamo i lettori che la seguente recensione contiene spoiler sulla trama. Se non hai visto l’episodio o non vuoi rovinarti eventuali colpi di scena non continuare a leggere![/su_note]

Non abbiamo mai provato pena per Joffrey finora, nemmeno quando lo abbiamo visto contorcersi viola in volto, ma adesso un sentimento di umana compassione si insinua nei nostri cuori… sarà che, per la prima volta, giace inoffensivo. O, magari, è per quello cui gli tocca assistere mentre il suo cadavere è ancora caldo.

Prima l’instancabile stratego nonno Tywin, forte della filosofia che “morto un re se ne fa un altro”, dà lezioni di comando a suo fratello minore Tommen, stranamente già pronto a sostituirlo. Dico stranamente perché mi aspettavo il ragazzino paffuto e ossessionato dai gatti che avevo conosciuto nelle pagine dei romanzi: uno di quei bambini miti che proprio non hanno, tra i sogni nel cassetto, quello di governare un regno… figuriamoci sette. Ma queste piccole sfasature appaiono insignificanti se paragonate alla distorsione di personaggi chiave dell’intera saga, macchia indelebile dell’episodio.
La seconda violenza che il corpo senza vita di Joffrey deve subire è, addirittura, un atto di violenza ai danni di sua madre. Probabilmente non è così che la scena era stata pensata: si voleva raccontare di un amplesso particolarmente duro o passionale, ma il risultato ha scioccato la maggior parte degli spettatori suscitando persino l’intervento dell’autore dei libri, George R.R. Martin.

Lo scrittore ha sentito l’esigenza di chiarire le proprie intenzioni nel descrivere una vicenda da cui gli autori della serie hanno tratto LIBERO spunto. Precisa di non aver mai discusso con loro su come rendere un punto tanto cruciale quanto delicato della storia. Per come essa era stata concepita in origine, Jaime Lannister sarebbe dovuto arrivare ad Approdo del re dopo le nozze reali e la conseguente morte del re ragazzino. Nei romanzi ritrova una Cersei disperata, sola, convinta di aver perso sia il figlio sia il fratello più caro, l’amante di una vita. ENTRAMBI si abbandonano alla passione e alla felicità di rivedersi. In Cersei c’è anche la tristezza per la perdita di Joffrey, il disgusto per l’arto mozzato di suo fratello e la rabbia per essere stata “abbandonata” per così tanto tempo.

Nonostante ciò, però, anche in lei è forte il desiderio di ricongiungersi a Jaime e, se si oppone debolmente all’inizio, è solo per paura che i septon li sorprendano. L’atto viene, anche nel racconto scritto, consumato nel tempio, alla presenza del figlio morto, cosa che ha scandalizzato molti lettori/spettatori ingabbiati dal moralismo. Il punto è che un atto sacrilego si inserisce perfettamente nella psicologia di Jaime Lannister, l’imposizione della propria forza fisica sulla donna che ama assolutamente no.
D’altronde Martin ha detto chiaramente che la scena doveva scandalizzare ma ha finito per farlo per le ragioni sbagliate.

La quarta stagione era già iniziata molto male per lo Sterminatore di re. Ho colto una sorta di disagio da parte dell’attore, che è sempre stato un interprete eccellente, nel dar vita a un testo incoerente, che lo ha costretto in più occasioni a mettere, nelle azioni, intenzioni opposte contemporaneamente. È stato come se tutta l’evoluzione che il personaggio aveva avuto nel corso della stagione precedente fosse stata gettata al vento.
Sicuramente anticipare il suo ritorno in città ha messo in difficoltà gli autori ma uno stravolgimento così radicale di una personalità tra le più complesse e affascinanti dell’intera saga non è giustificabile.
Anche chi non ha letto i libri si è accorto di quanto fosse assurdo che Jaime, dopo l’incontro con Brienne e dopo esser diventato enormemente più consapevole di se stesso, si comportasse come lo “zerbino” di Cersei. Ai più attenti è risultato palese quanto il personaggio avesse perso la sua verve, la sua energia: era proprio come se fosse dove non doveva essere e non sapesse esattamente cosa fare.
Ma la confusione è culminata nell’atto di violenza di cui è stato responsabile nell’episodio appena trasmesso. Avrebbero potuto enfatizzare meno il rifiuto di Cersei, farla cedere sul finale, e il salvabile sarebbe stato salvato. Invece no: lei si oppone fino alla fine, piange, sembra quasi che lui voglia punirla per il suo essere “una donna piena d’odio”. Io dico che è stato commesso un gravissimo errore e con una superficialità imperdonabile. Jaime Lannister ha ripetutamente evitato che Brienne venisse violentata, non ha mai abusato neppure di donne che lo supplicavano di usarle per il divertimento di una notte, ha avuto rapporti sessuali solo ed esclusivamente con la donna che ha sempre amato. Questo è il personaggio che abbiamo conosciuto, non solo nei romanzi ma anche nella serie TV, e questo personaggio avremmo voluto ritrovare. Non questa sua deformazione ridicola e, ormai, mostruosa.
Io dico che curare una serie di successo, per di più tratta da romanzi incredibilmente popolari, richiede grande impegno.
Chi se ne occupa ha la responsabilità di rispettare l’essenza della storia che, nel caso della saga di Martin, è costituita dai personaggi.
Non sono una a cui piace puntare il dito e mi rendo conto di quanto sia gravoso l’impegno di portare sullo schermo una trama complessa come quella de “Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco”.
Vedo molto bene che spesso non c’è il tempo materiale di approfondire i personaggi perché si deve far andare avanti la storia ma… deturparli? Non lo si poteva proprio evitare? Non escludo che, se si dovesse continuare su questa strada, la serie possa perdere consensi.

Non mi soffermerò sugli altri eventi della puntata per una sorta di sciopero, una specie di lutto: voglio che gli occhi di tutti siano puntati sull’ingiustizia subita da Ser Jaime Lannister, l’incompreso per eccellenza e che evidentemente è destinato a restarlo per sempre.

Dirò di Sansa e della sua ennesima delusione: convinta che qualcuno la stesse aiutando per gratitudine, viene a sapere che, in realtà, lo faceva per soldi. Vecchio mondo deludente, piccola donna dal cuore spezzato! La dolce Lady Stark sembra condannata a vedere sempre l’altra faccia delle sue speranze, della sua bontà nel leggere la vita. E adesso è nelle mani del più viscido dei corrotti: ho idea che questa lezione la imparerà una volta per tutte.
Alla Barriera Sam è alle prese con l’amore e Jon con la riconquista dei suoi fratelli: cerca di convincerli di essere il più adatto a organizzare la difesa contro Mance e il suo seguito. La stasi li avvolge come un manto di neve: anche loro pagano il prezzo di errori di trasposizione.
Il povero Sam si ritrova ad “inventare” una collocazione per Gilly in attesa che la loro storyline si sblocchi.


Daenerys
ci propina il solito discorsetto declamato ormai ad ogni città che ha intenzione di liberare. Mi chiedo come mai nessuno l’abbia ancora interrotta urlando “Sì, ok, lo sappiamo, passiamo alla fase successiva?”. Quando c’è la madre dei draghi, ormai, respiriamo un’aria di solennità che si è trasformata in noia ed è tutt’un parlare di chi ha le palle e chi non ce le ha. In genere finisce che il sempre affascinante ed elegantissimo Daario Naaris spiattella le sue in faccia a tutti.
Anche Arya e il Mastino puzzano di già visto: assistiamo, in fondo, al loro solito siparietto comico, i contenuti sono pochissimi e sempre gli stessi.

Ad Approdo del re, dove si è consumata l’ingiustizia che ha coperto i tre quarti della mia recensione, c’è anche il povero Tyrion, accusato di regicidio. In altri tempi avrei tollerato la leggerezza con cui il suo dramma è stato trattato ma oggi no, proprio non ce la faccio.
Tyrion è spacciato, non ha nessuna speranza di venir fuori dalla situazione in cui è stato incastrato, ma la sua disperazione non era abbastanza visibile. Come sempre gli autori preferiscono calcare la mano sull’aspetto romantico della situazione: sulla lealtà di Pod (adorabile, per carità), sull’altruismo di chi lo implora di non mettersi dalla sua parte per non rischiare la vita… e tralasciano gli elementi sostanziali.
Ma questo non è un telefilm di intrattenimento: in questa storia vengono trattate tematiche serie, è questo che la rende diversa da molte altre.
Di Oberyn Martell deve necessariamente emergere il lato ninfomane, evidentemente qualcuno è ancora convinto che siano queste le cose che fanno contenti i fan. Fosse almeno trattata con il dovuto rispetto, anche la sua sessualità sarebbe interessante.
In verità nella serie, sin dalle stagioni precedenti, non ci vengono risparmiate piccole mancanze di rispetto nei confronti delle diverse facce dell’amore, cosa che in Martin non avviene MAI. Sì perché un altro punto cardine della saga è l’invito a non giudicare, a osservare storie e motivazioni di ognuno.
Era una bella sfida quella di rendere una tale complessità in episodi da 50 minuti l’uno… sfida che, temo, a breve potremo dichiarare persa.

Il mio giudizio sull’episodio è, si intuirà dal tono, assolutamente negativo. Ammetto di essermi concentrata sul lato negativo di ogni spezzone. Non l’ho fatto perché mi piace distruggere. È che, devo confessarlo, al personaggio più colpito dalle ingiustizie di questo episodio sono particolarmente legata e ho sofferto nel vederlo così distante da se stesso.
Ma mi delude anche una sorta di superficialità di fondo, che accompagna la descrizione di ogni personaggio. Forse inizia a mancare l’impegno, forse si crede di poter vivere di rendita o forse, dopo tre stagioni, è diventato ancora più difficile gestire lo scarto con i libri.
Segretamente continuo a sperare che qualcosa si possa ancora recuperare nel corso delle puntate e che non dobbiate più leggermi così acida e corrosiva.

Oh, ho dimenticato di parlarvi di Davos! Forse perché l’ho adorato e il mio parere sempre positivo su di lui sarebbe stato una nota stonata nel mio elenco di lamentele. Dolcissima la sua amicizia con la piccola Lady Baratheon: l’umiltà di farsi allievo di una ragazzina, la volontà instancabile, la gentilezza, lo rendono ai miei occhi “il buono” per eccellenza. C’è stato un momento in cui avrei attraversato lo schermo e l’avrei abbracciato: quando ha pronunciato un divertentissimo e pieno di tenerezza “Thank you very much”.
Credete che mi sia addolcita? Vi sbagliate: il mio animo ferito, deluso e pieno di rabbia resta inflessibile.

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