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Game of Thrones 4×09: The Watchers on the Wall, la recensione

Ci avviciniamo al season finale della quarta stagione di Game of Thrones (Il Trono di Spade in Italia), la serie televisiva fantasy creata da David Benioff e D.B. Weiss, trasposizione del ciclo di romanzi de Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco (A song of Ice and Fire) di George R.R. Martin.

Vi confesso che ci ero arrivata preparata: munita di cappotto, scialle e berretto, mi sono goduta 50 minuti di sola Barriera.
La scelta di dedicare un’intera puntata allo scontro tra Corvi e Bruti l’ho trovata discutibile e la discuto.
Suggestiva la ciclicità di una serie TV che ci propone, nelle stagioni dispari, un nono episodio segnato dalla morte di uno dei protagonisti e, in quelle pari, una vigilia del finale di stagione funestata dal clamore e dalle morti violente di una battaglia.
Purtroppo, però, battaglia delle Acque Nere batte scontro alla Barriera 10 a 0.

[su_note note_color=”#fff9a6″ radius=”6″ su-note-inner=”box-spoiler” ]Avvertiamo i lettori che la seguente recensione contiene spoiler sulla trama. Se non hai visto l’episodio o non vuoi rovinarti eventuali colpi di scena non continuare a leggere![/su_note]

All’estremo Nord si avevano meno personaggi a disposizione, meno sfumature da far emergere, ed è persino mancata la svolta (che mi aspettavo). Insomma, dopo otto puntate di noia deprimente in quelle lande desolate – che hanno dato a Ygritte il tempo di accumulare un gran numero di inutili frecce e a Jon quello di perdere la voce (la raucedine è comprensibile con tutto quel gelo!) – continua a non succedere niente.

Un paio di morti strazianti, esageratamente patetiche, le solite riflessioni sul giuramento dei Guardiani della Notte, qualche cannibale in meno, ma la trama languisce schiacciata dalla stasi. Qualche scaramuccia e tutto torna come prima, su al Castello Nero, lasciandoci con la solita impressione che chissà cosa deve ancora succedere… chissà quando.

Ma non è tutto sterco ciò che emana cattivo odore: vi stupirò dicendovi che, nonostante le mie remore, la puntata non mi è dispiaciuta e non ho fatto troppa fatica a guardarla nonostante prevedessi 50 minuti di noia mortale.

Il maestro Aemon che parla delle sue relazioni amorose a un Sam che, ormai, esiste quasi soltanto in funzione della sua cotta per Gilly, mi ha provocato la rabbia che suscita guardare Troy in chi conosce l’Iliade. Ci risiamo: questi autori hanno scambiato la saga da cui prendono spunto per un romanzo rosa. I personaggi sono molto più che adolescenti con gli ormoni impazziti. Non hanno bisogno per forza di innamorarsi: hanno tante cose di cui parlare, tante sensazioni da provare, tante sfumature arricchiscono le loro personalità e le loro storie. Invece no: ora anche il saggio centenario maestro, che nella prima stagione era stato così emozionante e drammatico, si mette a parlare di ragazze. La mia non è un’avversione per il romanticismo. Il problema è che non esiste solo l’amore nel ritratto di un personaggio complesso: esso è una componente fondamentale della vita di un uomo ma non la sola.

Pathos assolutamente “giustificato”, invece, quello che accompagna la morte di Ygritte. Lì sì che c’era del materiale per essere romantici, la loro sì che era una storia tormentata, impossibile e strappalacrime. L’incapacità di uccidersi a vicenda, nonostante le molte promesse di lei, il ricordo del momento più bello vissuto insieme, le ultime “solite” parole a fermarci il cuore per un attimo e a farci rodere dentro. Perché la vita è ingiusta e la felicità dura qualche istante. Poi si dissolve, per sempre.
La dolce Ygritte se n’è andata. La divertente irriverente guerriera dal cuore grande si è portata via i pochi sorrisi del nostro gelido Corvo. Jon la ricorderà per sempre, colei che ha trovato la vita e la morte tra le sue braccia, e il suo monito gli risuonerà nelle orecchie come un canto ancestrale “Tu non sai niente.

Se ne sono andati anche Pyp e Grenn, quest’ultimo con una morte eroica, di quelle che ti gonfiano il petto dall’orgoglio.
Difendete i cancelli” aveva detto Jon. E lui e i suoi fratelli li hanno difesi. “Sono lo scudo che protegge i regni degli uomini” recita il giuramento. E loro hanno fatto da scudo sacrificando le loro giovani vite.

Puntata incentrata sul senso del dovere, ha raggiunto per me un picco di qualità quando l’incrollabile comandate Allister Thorne è caduto ma non riusciva a pensare ad altro che alla difesa del suo castello. Questo episodio lo ha in parte riscattato, probabilmente anche grazie al confronto con Janos Slynt, codardo ed egoista.

Regalarci una full immersion nel ghiaccio quando fremevamo per conoscere che fine avessero fatto Tyrion e gli altri veri protagonisti di questa stagione è stato un colpo basso. Ora abbiamo l’acquolina in bocca come belve fameliche e dal finale di stagione ci aspettiamo grandi, enormi, immense cose.

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