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Il parco è aperto: Jurassic World, la recensione

Il parco riapre dopo ventidue anni. Una scommessa della Masrani Corporation e della Amblin Entertainment e Legendary Pictures. Il film è attraversato dalla preoccupazione di non deludere il pubblico. “La gente vuole di più” è il filo rosso che collega realtà a finzione. I gestori del Jurassic World sono costretti a inventare in laboratorio una nuova attrazione, addirittura più spettacolare del Tirannosaurus Rex, mentre i creatori del film devono impiegare tutte le risorse della nuova tecnologia per stupire i bambini di oggi come sconvolsero quelli di ieri. In un mondo che ha visto di tutto, i vetusti dinosauri non risulteranno un tantino superati? La risposta è no.

Un film ben fatto ma non particolarmente innovativo, una trama che segue uno schema che si ripete da anni e personaggi affascinanti ma stereotipati bastano a tenere adulti e ragazzi inchiodati allo schermo. Sarà che il sogno di John Hammond, primo fondatore del parco, parla ad ogni generazione. Riportare in vita giganti del passato per ricordarci quanto siamo piccoli e che sulla Terra siamo gli ultimi arrivati. Sarà che nel bambino seduto dietro di me al cinema, che conosceva a memoria tutte le specie di dinosauri, ho rivisto la me stessa di vent’anni fa e mio padre prima di me. Sarà che tutti, prima o poi, veniamo attratti da queste creature straordinarie straordinariamente scomparse lasciandoci padroni di un pianeta che non avremmo dominato se ci fosse toccato di condividerlo con loro.

Nell’avventura giurassica del 2015 incontriamo due fratelli, il più piccolo curioso e appassionato, il più grande insofferente e annoiato. La lotta per la sopravvivenza li porterà a riscoprirsi uniti da un affetto profondo e indissolubile. Anche gli altri protagonisti della favola, Claire e Owen, decideranno di scommettere sulla loro relazione dopo aver rischiato la vita. Nel finale, quando lei chiede che faranno adesso, lui risponde con uno dei messaggi che con più forza la pellicola si propone di trasmettere: “Sopravvivere insieme.

Non mancheranno tentativi di abbracciare la causa animalista: Owen, in particolare, è l’uomo attento ai sentimenti degli animali e l’unico a saper comunicare con loro. Per Claire sono solo attrazioni, macchine per far soldi, per il cattivo stereotipato addirittura potenziali armi di distruzione di massa.

Ma in Jurassic Park – ora Jurassic World – non c’è da preoccuparsi: i personaggi scomodi, prima o poi, vengono divorati. Sopravvive soltanto chi riesce a trovare un equilibrio con i mastodontici animali preistorici. Questa volta spetta a Owen, eroe della sensibilità e dell’empatia. L’unico strumento per vincere una guerra sarebbe dunque il dialogo, persino con bestie selvatiche e apparentemente indomabili. Anche loro sembrano avere una morale: quasi tutte attaccano per fame o per difendersi. L’incrocio artificiale creato dall’uomo, invece, no. Fa eccezione. L’Indominus Rex ha evidentemente ereditato l’istinto omicida del suo creatore: uccide per il gusto di farlo.

Eliminato il nemico dopo sforzi sovrumani e gravissime perdite, Jake Johnson, che somiglia proprio al Nick di “New Girl” a cui siamo abituati ad associarlo, spegne le luci della sala di controllo. Il parco deve chiudere di nuovo le sue porte al pubblico. Le riaprirà per farci rivivere ancora la sua magia o questo è l’ultimo atto di un’opera leggendaria?

Sebbene il tutto sia apparso edulcorato rispetto all’angoscia dei primi capitoli, andare a vedere Jurassic World ha rinnovato le emozioni di una volta e fatto sperare che lo sguardo del T-Rex dopo la battaglia finale volesse darci appuntamento alla prossima avventura.

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