Game of Thrones: l’anima nera di Tyrion Lannister

Dopo la conclusione delle quarta stagione di Game of Thrones (Il Trono di Spade in Italia), è inevitabile il confronto con Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco (A song of Ice and Fire), il ciclo di romanzi di George R.R. Martin da cui la serie televisiva fantasy creata da David Benioff e D.B. Weiss è tratta.

Della trasformazione del più amato della saga. Della trasformazione taciuta, censurata, di Tyrion Lannister, il Folletto.
Sarà che ho sempre sentito Ser Jaime come un alter ego, ma non posso fare a meno di raccontare anche questa evoluzione guardandola con i suoi occhi.

[su_note note_color=”#fff9a6″ radius=”6″ su-note-inner=”box-spoiler” ]Avvertiamo i lettori che il seguente testo contiene spoiler sulla trama. Se non hai visto l’ultimo episodio della serie e letto i romanzi e se non vuoi rovinarti eventuali colpi di scena non continuare a leggere![/su_note]

Game of Thrones

*Quella notte maledetta, Jaime aveva atteso nelle stanze dell’eunuco. Alla fine, era giunto ala cruciale decisione: non avrebbe lasciato morire Tyrion. Nell’attesa, aveva affilato il pugnale con l’unica mano, traendo un bizzarro piacere nell’udire il ritmico rrrriiiippp rrrriiiiippp rrriiiiiipppp dell’acciaio contro la pietra. Rumore di passi. Jaime si era appostato al lato della porta. Varys era entrato accompagnato da una zaffata di cipria e lavanda. Jaime gli era scivolato alle spalle, gli aveva sferrato un calcio nell’incavo del ginocchio e si era seduto sul suo torace. Aveva premuto la lama nella carne bianca e morbida del suo collo, costringendo l’eunuco a sollevare la testa.
“Lord Varys” aveva detto piacevolmente “quale inaspettato piacere incontrarti qui.”
“Ser Jaime?” aveva farfugliato Varys. “Mi hai spaventato.”
“Era esattamente quello che volevo.” Jaime aveva ruotato leggermente il pugnale e un filo di sangue era colato lungo la lama.
“Stavo pensando che potresti togliere mio fratello Tyrion dalla cella prima che Ser Ilyn Payne gli stacchi la testa. È una brutta testa, me ne rendo conto, ma è l’unica che ha.”
“Sì… ecco… se tu potessi… allontanare la lama, sì, delicatamente, come compiace al mio signore, delicatamente, oh, un piccolo graffio…” L’eunuco si era tastato la gola, poi aveva fissato a bocca aperta il sangue che gli imbrattava le dita. “Non ho mai sopportato la vista del mio sangue.”
“Avrai da sopportare ben di peggio se rifiuti di aiutarmi.”
“Tuo fratello…” Varys si era sforzato di mettersi seduto. “Se il Folletto dovesse svanire misteriosamente dalla sua cella, ver-verrebbero fatte domande. Io te-temerei per la mia vita…”
“La tua vita dipende da me. Non mi importa quali e quanti segreti conosci, Varys. Se Tyrion muore, tu non vivrai a lungo dopo di lui, è una promessa.”
“Ah.” L’eunuco si era leccato il sangue dalle dita. “Mi chiedi una cosa terribile… liberare il Folletto che ha assassinato il nostro grazioso sovrano Joffrey. O forse tu lo ritieni innocente?”
“Innocente o colpevole” aveva risposto Jaime, folle com’era “un Lannister paga sempre i propri debiti.” Parole che gli erano venute così naturali.

Da allora Jaime non aveva più dormito. E rivedeva suo fratello, adesso, il modo in cui aveva sogghignato mentre la luce della torcia gli scivolava sul viso. “Povero cieco storpio patetico” gli aveva ringhiato Tyrion, pieno di malvagità. “Cersei è solo una puttana bugiarda… Si è fatta fottere da Lancel, da Osmund Kettleblack e, per quanto ne so, perfino dal nostro guitto di corte. E io sono il mostro che tutti dicono. Sì, ho ucciso io quel tuo figlio infame.” (da Il Dominio della Regina)

È il racconto della notte della liberazione, della tragedia, di un atto d’amore sfociato nell’odio. Si respira un’aria del tutto diversa da quella della serie: Jaime minaccia Varys per farsi aiutare, usa la violenza. In The Children, invece, parlando dell’eunuco, lo Sterminatore di re dice a Tyrion “Hai più amici di quanti credessi.” E sorride, benevolo.

Il saluto tra i fratelli Lannister, per D&D, è un addio colmo d’affetto. In Martin, invece, una cascata di insulti malefici. E per Tyrion si usano parole che mai ci saremmo aspettati di leggere: “pieno di malvagità”. Cosa è successo al nostro piccolo uomo dal cuore grande? Le delusioni hanno prosciugato la sua umanità come quella di Arya e probabilmente è stato proprio Jaime, mentre gli tendeva la mano mostrandogli che non era solo, a dargli il colpo di grazia.

Tysha, la ragazza che Tyrion anni prima aveva amato e sposato, non era una prostituta come suo padre gli aveva raccontato: era davvero la figlia di un contadino e amava il nano di amore sincero. Jaime lo sapeva ma aveva obbedito a suo padre. E aveva taciuto.
Solo ora che gli ridonava la vita, aveva trovato il coraggio di confessare a Tyrion il terribile segreto serbato per anni. È i momento della conversione del Folletto: la cattiveria subita si trasforma in perfidia aggressiva, omicida. Tyrion fa fuori, uno dopo l’altro, l’infida puttana Shae e la sorgente dell’infelicità di una vita: Lord Tywin Lannister.

La serie TV ci ha risparmiato tutta questa crudeltà ritraendo un Folletto più umano in apparenza ma non a uno sguardo più attento. Nei romanzi, infatti, Tyrion non è innamorato di Shae: tra loro non c’è mai stata una relazione basata sull’amore e sul rispetto. Gli autori della serie TV si sono impegnati a far apparire il suo assassinio come una sorta di legittima difesa ma la sostanza resta: Tyrion ha ammazzato la donna che un tempo amava… senza chiederle alcuna spiegazione, dimenticando di essere stato lui stesso a scacciarla e probabilmente a provocare la sua ira. Ha commesso, insomma, un reato assolutamente dissonante con l’aura di santità di cui hanno voluto circondarlo.

Probabilmente non vedremo mai l’anima nera di Tyrion: il suo essere stanco di tutti e di tutto, il suo disgusto, la sua freddezza, il suo cinismo ormai crudele. Non avremo l’occasione di apprezzare questa sua coerente interessante evoluzione. Poco male… se il Tyrion televisivo, seppur diverso, fosse altrettanto ben costruito. Più si va avanti con le stagioni, però, più il Folletto – e tanti personaggi con lui – si svuotano e la loro grande bellezza inevitabilmente ne risente.