Game of Thrones 5×02: The House of Black and White, la recensione

Il secondo episodio della tanto attesa e chiacchierata quinta stagione di Game of Thrones si riallaccia al finale della quarta: un’impavida ragazza lanciata sul mare verso nuovi mondi e nuove avventure.

[su_note note_color=”#fff9a6″ radius=”6″ su-note-inner=”box-spoiler” ]Avvertiamo i lettori che la seguente recensione contiene spoiler sulla trama. Se non hai visto l’episodio o non vuoi rovinarti eventuali colpi di scena non continuare a leggere![/su_note]

Nella dicotomia Arya-Sansa, la minore delle sorelle è quella che viaggia, sfida, combatte e si rotola nel fango; la più grande, invece, resta in piedi, composta, austera, irraggiungibile. Se Arya è legno che non mostra le fratture che l’attraversano impietose, Sansa è vetro: per la sua fragilità, va in pezzi facilmente ma i suoi sono frammenti impenetrabili.

Maisie Williams conduce il suo personaggio alle porte di Braavos: l’interprete e il ruolo si fondono l’una con l’altro in maniera sempre più grossolana e, finalmente, scopro uno dei motivi per cui non apprezzo la Stark selvaggia della serie TV. L’interpretazione dell’attrice mi distacca dal personaggio: trovo che la Williams si sia irrigidita su espressioni e atteggiamenti fissi, vuoti, e che ormai abbia fatto del suo personaggio un tipo, una “macchietta”, che lo abbia privato di profondità.
La scena in cui la porta bianca e nera le viene sbattuta in faccia è attraversata da un’ironia fuori luogo: il custode del tempio sembra perfettamente calato nella parte e nel contesto mentre Arya ammicca agli spettatori, dimenticando di mettere disperazione nelle sue parole e angoscia nello sguardo immediatamente successivo al rifiuto. Assume un’espressione sardonica che la fa assomigliare paurosamente a un personaggio disneyano. Mi sarei aspettata che da un momento all’altro si mettesse a cantare “All’alba sorgerò“.

Fino all’alba, invece, Arya recita le sue preghiere. Le stagioni si avvicendano, il sole lascia spazio alle nuvole per risorgere, poi, in tutto il suo splendore, ma la piccola Stark sa formulare un solo pensiero identico a se stesso: “Cersei, Walder Frey, The Mountain, Meryn Trant. Cersei, Walder Frey, The Mountain, Meryn Trant.
Dopo una notte insonne, non mostra alcun segno di sfinimento. Eppure deve essersi annoiata molto visto che decide di gettare a mare, in uno dei suoi scatti di impulsività, l’oggetto che ha usato come corona del rosario: la moneta che Jaqen H’ghar le ha donato e che le ha aperto le porte di Braavos.

Game of Thrones 5x02: The House of Black and White, la recensione

La camera si sposta sui cavalieri erranti più sventurati di Westeros: Brienchisciotte e il suo fedele Sanciopod. Sembra che questa volta sia capitato loro un autentico colpo di fortuna: proprio nella locanda dove decidono di rifocillarsi stanno consumando un pasto frugale niente poco di meno che Lady Sansa e il suo protettore. Brienne è la solita donna integerrima e cortese, non dimentica mai le formalità; crede ancora che la gente dei Sette Regni si faccia impressionare dalla “parola d’onore”. Forse poteva valere per Renly l’egocentrico, troppo convinto che il mondo girasse attorno a lui, o per Lady Catelyn, donna decisamente “all’antica”. Jaime, da parte sua, conosceva abbastanza bene Brienne per non dubitare della sua lealtà ma cosa si può pretendere mai da Sansa e Petyr Bealish? L’una è profondamente delusa dall’umanità, l’altro la conosce e la domina con troppa maestria. La Sansa dei libri forse sarebbe stata abbastanza scaltra da liberarsi alla prima occasione utile di un uomo ambiguo del quale non si fida ma quella della serie ha esperienze diverse alle spalle: ha visto Brienne al matrimonio di Joffrey (nei romanzi la soldatessa non era affatto presente!) perciò non intende perdonare chiunque abbia avuto a che fare con il mostro responsabile degli anni più brutti della sua vita.

Nonostante l’ennesimo rifiuto, Brienne sembra recuperare le sue motivazioni e la sua energia, specie dopo aver sventrato un paio di manigoldi. Ha giurato di riportare indietro le figlie di Lady Stark e lo farà anche contro il loro volere. Curioso mi sembra il fatto che il suo pensiero non si rivolga neanche una volta a Jaime: la Vergine di Tarth sembra aver dimenticato chi le ha donato Giuramento. Trovo che questo sia un atteggiamento molto strano e sospetto da parte degli autori: loro stessi hanno calcato la mano sull’amore della donna nei confronti dello Sterminatore di re eppure ora sembra che i due non si siano mai conosciuti. Che questo implichi un brusco cambio di direzione? Che D&D abbiano in mente di non farli incontrare mai più?

Intanto Jaime è impegnato a fare da galoppino a una Cersei sempre più furente. Le è arrivato un ciondolo direttamente da Dorne e lei sa che ne esistono soltanto due: uno è quello che porta al collo, l’altro lo ha donato a sua figlia Myrcella (quello che non sa è che io ne ho uno uguale!). Non ci sono dubbi: quella dei Dorniani è una minaccia. Occorre che qualcuno sia tanto idiota da fiondarsi nella tana dei serpenti per mettere le cose in chiaro. E quando c’è bisogno di un idiota si sa: c’è Jaime!
Il suo cambiamento rispetto alle idee di Martin è quello che mi amareggia più di ogni altro e non soltanto perché si tratta del mio personaggio preferito ma perché Jaime Lannister, per esigenze sceniche, è stato deturpato. A questo punto della storia la sua lucidità e maturità dovrebbero essere al culmine, insieme al suo razionale distacco dalla sorella. Jaime dovrebbe aver capito da tempo di non poter più assecondare le sue follie; invece è esattamente quello che fa, cercando continuamente di compiacerla, anche quando significa sfidare la logica e la coerenza. È vero, nei libri ha appreso delle tresche di Cersei alle sue spalle mentre nella serie l’ha udita pronunciare inutili frasi commoventi come “Io scelgo te“. Sentirlo parlare come un padre, però, dopo che finora dei figli se n’è infischiato, mi fa rabbrividire. Gli autori stanno puntando su Cersei e lo stanno sacrificando. Tornerà mai allo splendore della terza stagione o lo ammazzeranno senza avergli restituito la dignità?

Game of Thrones 5x02: The House of Black and White, la recensioneNon contento di mettere nei guai se stesso, inoltre, Jaime Lannister decide di trascinare a Dorne anche Bronn, distruggendo l’idillio di lui che passeggiava felice con la sua promessa sposa un po’ tonta. Purtroppo i Lannister pongono il neocavaliere davanti a un ricatto: se non li aiuterà, il matrimonio che aveva preparato non avverrà mai ma, se lo farà, ne avrà uno ancora migliore.
Finalmente ci è mostrata la meta dei due avventurieri: un luogo apparentemente ameno, dove due giovani passeggiano indisturbati, ma nel quale serpeggia la minaccia di una guerra furibonda.

A Dorne ritroviamo una nostra vecchia conoscenza: l’incandescente Ellaria Sand, compagna del compianto incauto Oberyn Martell, che rivolterebbe il mondo pur di vendicare il suo amato. E abbiamo l’onore di incontrare per la prima volta uno dei personaggi più affascinanti dell’universo creato da Martin: Doran Martell, protettore del Sud. È un personaggio per palati sopraffini: non ha niente della passione del fratello, è addirittura bloccato su una sedia a rotelle dalla gotta. Come se non bastasse, la menomazione fisica è specchio della sua personalità: Doran è da molti considerato un vigliacco, un inetto, ed è così che tenta di farlo apparire anche Ellaria durante il loro acceso confronto. Ma egli, in poche battute, rivela l’intelligenza strategica che si nasconde dietro il suo immobilismo e la sua prudenza, spaventosa ed efficace molto più della cieca violenza del fratello il quale, in fondo, ci ha guadagnato solo un cranio spaccato.

A Meereen assistiamo a un cambio di direzione nella caratterizzazione degli Immacolati: finora si era tentato in tutti i modi di ribadirne l’umanità oltre l’addestramento ricevuto; questa volta, invece, spetta a Daario ricordare quanto duramente i soldiati siano stati educati a dominare ogni sentimento. La conoscenza dell’altro nella sua umanità, insegna il mercenario, è la chiave per la riuscita di ogni spedizione militare. Ed è proprio fiutando la paura di un Figlio dell’Arpia che lo sventurato viene smascherato e portato al cospetto della regina. Con piacere ritroviamo una Daenerys Targaryen aperta al dialogo e pronta a mettersi in discussione ascoltando le parole dei suoi consiglieri. In particolare il saggio Barristan le racconta della follia di suo padre, re Aerys, e accende in lei il desiderio di poter essere una sovrana migliore. La decisione ultima è quella di sottoporre il prigioniero a un regolare processo ma la sventurata regina non sa che dovrà fare i conti con il fanatismo che lei stessa ha insinuato nelle menti della massa di schiavi che ha liberato. Uno di loro, credendo di aiutare la Madre combattendo in nome delle idee di cui ella si è fatta promotrice, giustizia personalmente il carcerato.

A Daenerys spetterà il duro compito di insegnare alla sua gente il valore cardine di una monarchia illuminata: la legge è re. Mostrando forza e maturità la ragazza non cede alla tentazione di assecondare la sua gente per non perderne il favore e punisce il traditore con la morte nonostante l’umana pietà che prova nei suoi confronti. In una sorta di deja-vu rivediamo Ned Stark nel primo glorioso episodio della serie. Che, nonostante la sua giovane età, la madre dei draghi sia giunta a un tale livello di maturità e saggezza?

Lo scambio di battute tra Tyrion è Varys, oltre che esilarante, è funzionale ad introdurci nuovamente nella capitale, dove Cersei sta facendo tagliare la testa a tutti i nani del reame sperando di scovare l’odiato fratello. Dopo l’ennesimo fallimento, piena di spocchia, si accinge a partecipare al Consiglio ristretto nel ruolo di burattinaia. Le riesce alla perfezione con tutti meno che con suo zio Kevan, l’unico che sembra essere rimasto in grado di spiattellarle in faccia la verità e di mettere in discussione la sua pretese di autorità.

Alla Barriera, dopo una stagione di stasi, le emozioni forti si rincorrono come cavalli impazziti: si affronta, con la piccola Shireen Baratheon, l’argomento “morbo grigio” e, poiché sappiamo bene che su niente si punta l’attenzione a caso, si insinua nelle nostre menti il presagio che la terribile malattia, chissà dove e chissà quando, torni a metterci i bastoni tra le ruote. Il secondo momento cruciale consiste nella proposta che re Stannis fa a Jon Snow: l’aspirante sovrano si offre di nominarlo Jon Stark e di farlo Signore di Grande Inverno. Il bastardo ha l’occasione di liberarsi finalmente della sua “lettera scarlatta” e di realizzare il sogno di una vita. Oggi, però, il giovane Snow è cresciuto e ha trovato se stesso: non è più un ragazzo sfortunato e frustrato, è un uomo dei Guardiani della notte. Il suo rifiuto non ci sorprende più di tanto e ci prepariamo a veder riconosciuta la sua fedeltà e il suo coraggio: tra i Corvi c’è aria di campagna elettorale e pare non ci siano dubbi su chi sarà il nuovo comandante: Alliser Thorne, l’odioso maestro d’armi.

L’elettorato, però, è spaccato in due e, grazie alla perorazione di Sam, mezza aula deciderà di sostenere, a sorpresa, il nostro Jon. La votazione si conclude in parità ma la saggezza, impersonata da maestro Aemon, fa la differenza affidando il Castello Nero a chi ha dimostrato di saperlo e volerlo guidare: Lord Snow.

Si torna a Braavos, dove la piccola Arya ha deciso di esercitarsi a fare l’assassina mozzando teste ai piccioni. Affascinato dalla sua sfrontatezza e determinazione, il custode della Casa del Bianco e del Nero va a riprendersela. Quando toglie la maschera, ci riappare finalmente un volto noto: è Jaqen H’ghar o, almeno, è di lui che crediamo si tratti. In realtà egli è Nessuno e Nessuno si auspica che diventi anche la ragazza che gli sta di fronte. Ciò implicherà, per lei, dimenticare le sue preghiere, ne sarà mai in grado?

Game of Thrones 5x02: The House of Black and White, la recensione

La conclusione dell’episodio è emozionante quanto inaspettata: proprio quando sua madre è in piena crisi interiore, fa capolino (anzi capolone) il figliol prodigo: Drogon, che ha volato liberamente per tutta la stagione precedente, appare più dolce e mansueto dei suoi fratelli in cattività. Emilia Clarke ci regala un cambio di espressione e sorride materna, riuscendo quasi a sfiorare la sua creatura prima che riprenda il volo per andare chissà dove e ricomparire chissà quando.

L’episodio mostra una ripresa rispetto alla lentezza e mancanza di azione del precedente anche se palesa il distacco sempre più significativo dai romanzi. Il mio giudizio è complessivamente positivo: episodio godibile, ricco di spunti e di emozioni.